Wo viel Licht ist, ist auch viel Schatten (Götz von Berlichingen, primo Atto)
[Johann Wolfgang von Goethe]
Interrogarsi sulla questione della luce e dell’ombra e delle possibili problematiche che crea il chiaro-scuro nella pratica artistica, è stata per noi da sempre una questione scontata e banale da trattare.
Errare humanum est … mai dare niente per scontato, e siccome buona parte di questo Journal serve prima di tutto a noi, vogliamo enucleare un concetto teorico che è alla base del chiaro-scuro.
La frase dell’Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum Johann Wolfgang von Goethe, sopra trascritta in lingua originale e tradotta nel titolo di codesto post, non è il semplice aforisma da copiare ed incollare su qualche social network, ma è uno delle basi principali del disegno per giunta del chiaro scuro.
Non ci interessa per adesso esporre escamotage tecnici di ombreggiatura e/o lumeggiatura nel disegno o nella pittura. Qualsiasi blogger o artista che si incontra a per strada o in rete può rivelare le tecniche più usate per avere un buon successo tecnico.
Carta grafite, polvere di grafite, gesso, bla bla bla, a noi non interessa tutto questo, a noi interessa ciò che a nessuno interessa, cioè osservare e capire la totalità della composizione, per capire come l’occhio umano opera, e non copiare una semplice foto da perfetto minus habens iperrealista.
Per molti tale concetto è forse scontato e per altri è un puro paradosso.
“Dove c’è molta luce c’è anche molta ombra” è una lezione di disegno oltre che una lezione di vita, formulata da Johann Wolfgang von Goethe che anche in tema pittorico, sapeva il fatto suo.
Agli umili che ci chiedono qualche consiglio per illuminare in maniera incisiva le loro opere e ci chiedono in che modo ombreggiare per lumeggiare, proponiamo questa lezione di vita, traslata nella vita reale:
“La maggior parte della gente preferisce paradossalmente stare più a contatto con persone con problemi che con persone che non hanno apparenti problemi. Questo è spiegabile con la teoria del chiaro-scuro. Che tu stia bene o male, il tuo livello di “stare bene” molte volte dipende dalle condizioni a contorno e dalle persone che in genere ti circondano. Per questo tutti paradossalmente preferiscono stare a contatto con persone che non se la passano bene. Metaforicamente tutti si considerano grigi, e il tono del grigio dipende dalla qualità della propria vita e da come ognuno si auto-considera, dove un tono vicino al bianco è convenzionalmente riferito allo stare bene, mentre viceversa, toni vicini al nero metaforizzano una condizione sfavorevole. Ognuno sa che può stare meglio come può stare peggio, come il grigio può essere schiarito o scurito, ma mai bianco e mai nero, come tutti sanno che stare perfettamente bene o perfettamente male non esiste come condizione. Da qui la teoria che deriva dal fatto che il colore percepito dipende dalle condizioni a contorno, dove se paragoniamo lo stesso grigio affiancato al bianco poi affiancato al nero, lo stesso grigio appare più scuro con il bianco e più chiaro con il nero. La nostra metafora risponde allo stesso modo, la gente preferisce affiancarsi a persone sfortunate e compatirle, perché si sentono meglio, più valide; Viceversa se la stessa persona sta a contatto con gente apparentemente senza problemi, automaticamente si deprime sentendosi non adeguata e non valida.”
Questo concetto deve solo far capire l’importanza del contesto, e il fatto che tutto è relativo in base al contesto in cui viene posto.
In soldoni, parlando di tecnica, se noi abbiamo un ritratto e secondo noi è ben dipinto e ben illuminato cromaticamente ma la luminosità non ci convince essendo smorta e con poco carattere, non ha senso continuare a schiarire il ritratto sovraesponendolo, a volte basta semplicemente scurire tutto ciò che lo circonda.
Coma anche spiega la nostra metafora che se ti vuoi sentire meglio, di devi trovare uno che sta peggio di te. Brutto da dire ma è pura realtà, come l’occhio umana e l’indole umana operano a volte.
I quadri di Caravaggio, che sono capolavori a prescindere, hanno una luce molto particolare, molto incisiva proprio perché hanno ombre vigorose.
Il segreto è scurire per illuminare, e per meglio capire questo discorso, provate a disegnare lo stesso ritratto, prima su uno sfondo bianco, poi su uno sfondo scuro, poi ci farete sapere quale appare “più luminoso”
La questione del contesto è importantissima nell’arte grafica, e questo concetto si estende anche nell’uso dei colori. Non esistono colori brutti o belli, non esistono colori giusti o sbagliati per le varie circostanze, esiste solo il giusto accordo cromatico adatto alla determinata situazione.
Questo concetto lo riprenderemo in futuro e lo estenderemo anche all’architettura.
Per concludere la nostra osservazione, raccomandiamo di non usare quasi mai il colore bianco puro e nero puro nelle nostre opere (eccetto alcune particolari situazioni).
La composizione cromatica di un’opera ha bisogno di una scala di ombra e una scala di luce (contrasto chiaro-scuro).
Se ci “giocassimo” per esempio il bianco puro in una zona illuminata che sarebbe in realtà si molto chiara, ma non bianca pura, ci saremmo giocati il gradino più alto della scala di luce, quello che dovrebbe restare vuoto o al massimo dovrebbe essere occupato solamente dai riflessi di luce pura.
“Giocarsi” il bianco puro in questa situazione, e applicarlo in varie parti dell’opera che dovrebbero avere colori chiari ma NON BIANCHI, vorrà dire che nei punti in cui c’era necessità di avere colpi di luce pura (esempio i riflessi della luce negli occhi, o i riflessi della luce su un elemento riflettente), il bianco risulterebbe meno “carismatico” essendo stato usato in altre zone dell’opera, quindi quel colpo di luce risulterebbe all’occhio dell’osservatore, più simile ad una macchia bianca che al prodotto di un riflesso di luce pura.
Questo spiega anche la massima attribuita a Rubens riguardo il bianco:
<Cominciate col dipingere leggermente le ombre; guardatevi dal mettervi del bianco: è veleno di un dipinto, tranne che nelle luci…>
Riguardo al nero invece, sosteniamo che alcuni pittori per comodità lo usano impropriamente nei loro dipinti, ad esempio per fare uno sfondo scuro.
Questo è un errore, il nero puro dovrebbe essere utilizzato solo nei punti in cui la scala delle ombre è ai massimi livelli, per esempio il centro dell’iride della pupilla di un occhio (e in poche altre parti).
Per gli sfondi scuri meglio utilizzare bruni molto scuri, come la terra di Cassel, che agli insensibili, può sembrare non differente dal nero puro, ma una volta dipinta l’opera nella sua interezza, sarà determinante non aversi giocato il nero puro nello sfondo, e averlo riservato per alcuni particolari o alcune zone molto in ombra.
Il risultato sarà una grande ricchezza cromatica che conseguentemente ci permetterà anche di avere un robusto volume del dipinto.
Quindi se volete schiarire o scurire alcune parti del vostro quadro, a volte la migliore strada non è quella di continuare ad immettere bianco per schiarire o nero per scurire, a volte fare il processo inverso è la strada migliore.
Come fanno tutti (PURTROPPO), trovatevi un nero, o un grigio molto scuro da compatire e con cui uscire per essere più luminosi, piuttosto che accollarvi un grigio chiarissimo che vi farà solo deprimere di più e aiuterà ad inscurire la vostra autostima.
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