Il modernismo ci ha abituato a disprezzare la complessità nella composizione artistica e architettonica, siamo arrivati al punto di utilizzare centinaia di materiali e strumenti artistici, senza sapere cosa abbiamo tra le mani.
Le castronerie dette e scritte circa un secolo fa da Le Corbusier e co. hanno portato a tutto questo snobismo nei confronti della vera arte e della vera architettura, così che oggi in questo contesto di crisi artistica e architettonica, in assenza di una vera linea culturale e in assenza di concrete nozioni valutative, siamo costretti ad affidarci alle valutazioni date dai critici (spesso prebendati), per distinguere un’arte degna di nota da una crosta senza anima.
I modernisti hanno sempre denigrato il colore, impugnando delle tesi antiscientifiche che consideravano il colore una minaccia. Le Corbusier ad esempio affermava che il colore si addice alle razze semplici, ai contadini e ai selvaggi. Se avesse letto Goethe ( La teoria dei colori ) forse non avremmo assistito a questo olocausto ideologico.
Saper leggere tra le righe e non superficialmente è una virtù che hanno in pochi, i modernisti hanno da sempre semplificato e strumentalizzato il minimalismo e il loro concetto di semplicità (aliena), portando avanti questo coacervo di ideologie come un caduceo che avrebbe dovuto uniformare tutto il mondo artistico e architettonico e allo stesso tempo cancellare il passato.
La stessa convinzione che la scultura greca fosse lasciata nel suo candore naturale, invece di essere colorata, è totalmente errata ed è l’esempio più famoso degli equivoci moderni sull’arte classica, usata per avvalorare e rendere più credibili le proprie tesi.
Le teorie di Goethe riguardo l’equilibrio generato dalla ricerca cromatica, sono teorie che hanno basi scientifiche solide. Quando parliamo di equilibrio cromatico di una composizione, di un dipinto ci riferiamo ad un uso consapevole dei potenziali psichici dei colori, così da procedere in modo concorde con effetti armonici verso un determinato fine espressivo: dolcezza, serenità, eccitazione, di provocazione o altro sentimento.
Citando Goethe:
<706. Le molteplici e varie manifestazioni fissate nelle loro diverse fasi e considerate l’una accanto all’altra, producono totalità. Questa totalità è per l’occhio armonia.
709. Affinché sia armonica ogni singola contrapposizione deve contenere totalità.
805. […] Ogni colore singolo stimola nell’occhio, mediante una sensazione specifica, l’aspirazione all’universalità.>
Ovviamente questi concetti scientifici, non implicano che qualsiasi accordo cromatico che possiamo vedere, purché contenente colore, sia armonico e crei la ricercata totalità armonica.
Gli accordi cromatici o più semplicemente il colore che disprezzava tanto Le Corbusier è di certo un mezzo che scotta tra le mani dell’artista, dell’architetto e del designer, il suo equilibrio e il suo giusto utilizzo non è una pratica semplice e adatta a chiunque voglia mettere insieme cromie in modo casuale per creare opere degne di nota.
I suddetti contadini e/o selvaggi, chiamati in causa da Le Corbusier, potevano aver fatto un cattivo uso del colore in passato, ma non per il loro status di selvaggi, semplicemente per mancanza di una teoria di base o di concetti, che secoli dopo sarebbero mancati, per ignoranza e disinformazione, anche ai modernisti stessi, che a differenza loro, preferirono accantonare il problema, demonizzando il totale uso del colore; come se per curare un piccola infezione ad un dito si preferisce tagliare totalmente il braccio del malato.
Credere alla teoria opposta, impugnata da Le Corbusier e dai modernisti, cioè l’annullamento dei colori per avere equilibrio ed armonia, è semplicemente un reale rinvio del problema.
Il bianco non è equilibrio anche se da sempre, simbolicamente e filosoficamente, è stato il colore della purezza, della luce della semplicità e di Dio.
Il bianco e l’utilizzo monocromatico nell’architettura e nell’arte è il massimo apice di squilibrio armonico, è l’espressione di un architettura astratta ed aliena, deleteria per l’essere umano che dovrebbe vivere in spazi determinati da queste ideologie.
Come scrive Philp Ball nel suo ottimo libro sul colore, “Questo trascurare l’aspetto materiale del lavoro dell’artista deriva forse da una tendenza culturale dell’Occidente a separare la forma dal contenuto”.
Lo stesso John Gage confessa che “uno degli aspetti meno studiati della storia dell’arte sono gli strumenti dell’arte stessa”
I tubetti artistici derivanti dai pigmenti non sono semplice “colore” nato e confezionato dall’industria che lo genera dal nulla. Sono sostanze con proprietà specifiche, costi e attributi totalmente differenti.
Se il modernismo ha semplificato tutto immergendoci in un contesto industriale di superficialità, indagare e riscoprire i materiali non è una perdita di tempo o una smania faustiana, ma un atto doveroso per la giusta pratica nel mondo delle arti e dell’architettura.
link del libro “La teoria dei colori”
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8 Ottobre 2021 /
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17 Dicembre 2021 /
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